Quando parliamo di strategie adottate dal gestore di un fondo nell’esercizio della sua attività, possiamo distinguere due macrocategorie di operatività gestionale di un fondo comune di investimento: la gestione attiva e la gestione passiva.

Con la gestione attiva l’obiettivo è quello di ottenere un rendimento superiore a quello del benchmark prescelto. Per fare questo gli strumenti finanziari presenti in portafoglio devono differenziarsi in maniera più o meno significativa da quelli che sono presenti nell’indice. Quindi il gestore concentrerà la sua attenzione verso quei titoli che lui ritiene possano avere in futuro performances di gran lunga superiori a quelle del benchmark.

La responsabilità di gestione ricade, pertanto, sulla SGR e il raggiungimento dei risultati promessi, dipende dalle decisioni adottate. Ed è per questo motivo che i costi dei fondi a gestione attiva sono di solito più alti rispetto ai fondi che hanno una gestione passiva.

La gestione attiva si realizza con l’assett allocation, lo stock picking e il market timing.
Con l’assett allocation il gestore stabilisce l’esatta composizione del portafoglio, scegliendo gli strumenti finanziari in cui investire e il loro peso all’interno del fondo.

L’assett allocation si distingue in strategica e tattica. Quando l’orizzonte temporale di un investimento è di medio/lungo periodo, si parla di assett strategico. Viceversa, si parla di assett tattico quando l’orizzonte temporale è di breve periodo.
Lo stock picking è il momento in cui il gestore individua, in modo puntuale, le aziende sulle quali vuole puntare.
L’ultima fase è il market timing, cioè la scelta del momento giusto in cui acquistare o vendere strumenti finanziari.
La gestione passiva ha come obiettivo la replica perfetta di un indice. Le tecniche adottate dalle SGR sono le seguenti:
– acquistare, con le stesse percentuali, tutti i titoli che compongono l’indice di riferimento;
– costruire il portafoglio attraverso la compravendita di sottoinsiemi di titoli che compongono l’indice.

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