Discriminazione di genere e molestie sul lavoro

La Fondazione Libellula riunisce un network d’importanti aziende italiane come Decathlon, Furla, Heineken, Tim e Vodafone, con l’obiettivo di prevenire e contrastare la violenza sulle donne e la discriminazione di genere agendo sul piano culturale.

Il report di Fondazione Libellula indica che, relativamente alle molestie sul lavoro, ne è vittima una donna su due.

Lo studio ha coinvolto oltre 4.300 lavoratrici e libere professioniste in tutta Italia: il 55% di loro ha dichiarato di essere stata colpita da discriminazione e stereotipi.

Molestie, apprezzamenti estetici inadeguati, battutine pretestuose, discriminazioni e condizioni sfavorevoli di crescita lavorativa, fino ad arrivare ai ricatti sessuali.

Questo è quanto denunciato dalle donne coinvolte nello studio di Fondazione Libellula.

Le intervistate hanno raccontato le loro esperienze sul luogo di lavoro e i risultati sono stati raccolti nel report LEI (Lavoro, Equità, Inclusione)

 

Situazione allarmante ed inquietante

 

La situazione che emerge dal report è allarmante: più di una donna su 2 (il 55%) si è dichiarata vittima di violenza.
Il mondo del lavoro nel nostro Paese si presenta quindi poco equo.

Il contesto lavorativo per le donne è preoccupante: il 22% ha dichiarato di aver avuto contatti fisici indesiderati e il 53% ha subito complimenti espliciti non graditi. Inoltre, il 58% delle donne intervistate non reagisce efficacemente di fronte ad una molestia.

Alcune di loro (il 38%) temono di essere etichettate come “troppo aggressive” o come coloro “che se la prendono”.
Altre, l’11%, non sa come reagire.

La paura di subire molestie di qualsiasi tipo porta le donne a limitare e condizionare il proprio comportamento per timore di essere male interpretate.

“Questi dati – ha affermato Debora Moretti, fondatrice e presidente di Fondazione Libellula – fotografano una situazione inquietante all’interno dell’ambiente lavorativo delle aziende italiane e devono imporre una riflessione: il linguaggio e gli atteggiamenti non verbali occultano la dimensione professionale delle donne sul posto di lavoro”.

“Per tante – ha concluso Moretti – i luoghi di lavoro rappresentano contesti poco sicuri, psicologicamente e fisicamente complicati”.

La ricerca ha messo anche in evidenza come l’Italia sia ancora distante da uno stato dell’equità di genere nel mondo professionale, anche quando le donne ricoprono una posizione manageriale.

Anche in questo caso, le donne fanno fatica a mettersi in gioco per la propria crescita professionale e talvolta vi rinunciano.

 

Discriminazione di genere

 

Sempre rispetto a carriera e potere, siamo ancora al secolo scorso: per gli uomini è più facile e veloce crescere e vedere riconosciuti i propri meriti.

Arrivano di più e prima a posizioni di potere, ciò fa sì che in azienda la leadership diffusa sia prevalente al maschile.

La carriera della donna è ancora troppo spesso interpretata alla luce di altri fattori rispetto al merito o alla competenza: il 71% sperimenta contesti in cui la leadership e i ruoli di responsabilità sono spesso prevalentemente ricoperti da uomini, il 79% vede crescere i colleghi uomini più velocemente, anche se con minore esperienza della propria o di altre donne.

Questa difficoltà di progredire nel proprio percorso lavorativo peggiora in contesti in cui la genitorialità è percepita come condizione esclusivamente femminile.

Le donne, così, non sono serene nel comunicare alla propria azienda di essere incinta (41%). Il 68% ha visto rallentare il proprio percorso di crescita, o quello di altre donne, a causa della maternità e il 65% che ha sentito allusioni e commenti rispetto alle conseguenze negative della maternità in azienda.

A generare la discriminazione non è solo un rapporto sbilanciato di forza nel contesto lavorativo dato dai ruoli operativi degli uomini rispetto a quelli delle donne, ma anche l’appartenenza al genere.

 

L’esperienza personale

 

Lo ammetto. Tutte le volte che leggo queste cose mi arriva il “sangue agli occhi”, anche perché, essendo nel mondo lavorativo da più di trent’anni, è capitato anche a me.

Tutto dipende da come reagisci: ci si chiude, ci si limita, sia nelle parole che nei comportamenti, qualcuna ride per nascondere rabbia o disagio, qualcuna risponde; ma il punto è: perché deve capitare?

Ho il brutto presentimento che non cambierà mai, almeno fino a quando il 100% delle donne non assuma un comportamento coerente con i propri pensieri.

La Fondazione La Libellula ha scelto il suo nome perché la libellula rappresenta trasformazione e libertà: trascorre parte della sua esistenza nel fango, ma a un certo punto emerge e impara a volare.

Rappresenta il cambiamento che è necessario realizzare.