Donne e mercato del lavoro
Comincerò a festeggiare l’8 Marzo, quando non sentirò parlare più di quote rosa, pari opportunità, gap salariale, violenza sulle donne, parità di genere.
Negli ultimi mesi siamo stati testimoni di come la pandemia abbia fatto emergere ancora di più tutte le problematiche di una società che si considera moderna e innovativa.
Si parla di tutela e sostenibilità ambientale, di scuola, di giovani e ancora una volta, emerge la preoccupazione per il ruolo e il valore non riconosciuto delle donne e del loro lavoro all’interno della società.
A pagare il prezzo più alto di questa pandemia sono state le donne.
Sono più impiegate nei lavori a rischio, sono maggiormente coinvolte nelle attività di assistenza, più esposte alla malattia, ma sono anche, più interessate dalle conseguenze indirette del lockdown, maggiormente impegnate nel supportare la famiglia, conciliando il tutto con il lavoro.
Lavoro che in molti casi si è perso, tanto da determinare un forte calo dell’occupazione femminile.
A ciò va va aggiunto anche l’aumento della violenza di genere.
La pandemia in corso ha quindi accentuato i divari di genere.
Pari opportunità
La parità di trattamento tra uomini e donne è stata un principio fondante dell’Unione Europea nel 1957, quando il trattato di Roma sancì il principio della parità salariale.
Successivamente, leggi nazionali e comunitarie hanno migliorato lo stile di vita delle donne, ma nonostante una crescita costante del tasso di occupazione, si registra che le donne guadagnano ancora il 17% in meno rispetto agli uomini, e rappresentano una minoranza nelle posizioni di responsabilità e leadership in ambito politico e aziendale.
L’Italia è penultima in Europa per partecipazione femminile al mercato del lavoro. Peggio di noi, solo la Grecia.
Appena una donna su due in età lavorativa è attiva, e giusto il 28% delle posizioni dirigenziali nelle aziende private italiane è ricoperto da donne.
É facile capire che non essere nelle posizioni apicali significa non poter dare un’impronta al mercato del lavoro che tenga conto delle necessità delle donne.
Risolvere il problema del lavoro e della divisione dei compiti, certamente non basta ad ottenere la parità di genere.
Le differenze di genere si evidenziano anche in altri settori, come quello dell’istruzione o, più gravemente, in relazione al fenomeno crescente della violenza contro le donne, sia che si intenda violenza fisica, sia quella di natura psicologica.
La parità di genere
Come promuovere la parità di genere? Lavoro, famiglia, istruzione, violenza, nuove tecnologie, sono tutti ambiti in cui devono essere intraprese azioni efficaci in tal senso.
Queste azioni devono andare in due direzioni ben precise: da una parte servono riforme strutturali, dall’altra un profondo e significativo cambiamento culturale.
Le pari opportunità vanno insegnate come un valore fondante sin dalla prima infanzia.
Insegnare alle bambine e ai bambini, ed anche alle loro famiglie, che il genere non deve essere discriminante.
Agire sulla cultura della parità e del rispetto non può che avere un risvolto positivo.
Altro aspetto importante è lavorare sull’empowerment (maggiore forza, autostima e consapevolezza) di tutte le donne e ragazze nel mondo.
É importante risvegliare il “potere” femminile.
Le donne non sono deboli e senza risorse. La società ha sviluppato questa idea e le ha soggiogate con essa.
Ma non c’è nulla che una donna non possa fare, se si mette in testa di farlo.
Le donne devono ricordare che non sono candele che devono essere accese da qualcun altro: sono come soli che risplendono di sé.
Mi batto per questo.
Sento forte la responsabilità di accrescere questa consapevolezza, in chi ancora non la sente propria.
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